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Il Ritorno di Posidonia oceanica sui fondali del Parco Sommerso di Gaiola


Al via al Parco Sommerso di Gaiola un importante progetto di ricerca scientifica per riportare la Posidonia oceanica sui fondali della Città di Napoli.






Al via al Parco Sommerso di Gaiola un importante progetto di ricerca scientifica per riportare la Posidonia oceanica sui fondali di Posillipo.

Da oltre 10 anni i biologi marini dell'Area Marina Protetta partenopea mappano e monitorano i fondali da Capo Posillipo a Nisida per acquisire tutte le informazioni necessarie per la tutela e conservazione delle preziose comunità biologiche che popolano i fondali marini dell'area.


Grazie a questi studi oggi sappiamo che i fondali del Parco ospitano ben 15 differenti biocenosi marine, un vero crogiuolo di forme di vita in appena 42 ettari di mare, che rispecchia l'estrema eterogeneità e complessità di questi fondali dove si passa dai resti archeologici sommersi della villa romana di Vedio Pollione che caratterizzano il paesaggio subacqueo dei primi metri più superficiali, alle profondità del grande banco della Cavallara con lo spettacolo dei popolamenti sciafili del Coralligeno, tra gorgonie, alghe coralline e spugne policrome.


A questo straordinario mosaico di biodiversità tuttavia manca un tassello importante: la Posidonia oceanica.

La Posidonia oceanica è una pianta endemica del Mediterraneo, che forma grandi praterie sui fondali sabbiosi, rappresentando un habitat prioritario, un vero hotspot di biodiversità che ospita circa il 20-25% di tutte le specie presenti nel mare nostrum. Oltre all'importanza biologica come vera e propria area di nursery per l'ecosistema marino, riveste un ruolo fondamentale anche come polmone del Mediterraneo, perché è in grado di sequestrare grandi quantità di CO2 e produrre circa 20 L di ossigeno al giorno per metro quadro. Inoltre, grazie agli intrecci di rizomi, radici e sedimento denominati “matte”, è molto efficace nello stoccare fino al 50 % di CO2 nei sedimenti marini e nel contrastare l'erosione delle coste.


Dagli studi effettuati in questi anni, i ricercatori del Parco hanno scoperto che una volta questa importante pianta marina ricopriva tutti i fondali sabbiosi di Posillipo fino a circa 30 m di profondità. I dati acquisiti attraverso le indagini subacquee sono avvalorati da alcuni scritti del secolo scorso di Funk (1927) e Parenzan (1956), che descrivono una vasta prateria di fanerogame marine che si estendeva lungo tutto il litorale di Posillipo nella Città di Napoli.



Purtroppo negli ultimi decenni, questo grande polmone verde del mare di Napoli ha subito un'enorme rarefazione, tale da ritenerla praticamente quasi scomparsa dalla costa cittadina. Le cause di tale depauperamento sono da addebitarsi all’insieme di più concause tra le quali la pesca a strascico sotto costa, l'aumento smisurato dell'attività diportistica e degli ancoraggi, ma, sicuramente, la più rilevante è da addebitarsi all'intorbidamento delle acque costiere dei decenni passati. Infatti l'enorme e caotica espansione urbana avutasi negli anni 50-70 del ‘900, non seguita da un adeguato riassetto e trattamento degli scarichi fognari, ha inciso pesantemente in quegli anni sulla trasparenza e qualità delle acque costiere cittadine, riducendo drasticamente la capacità di penetrazione sui fondali dei raggi solari fondamentali per i vitali processi fotosintetici di queste piante marine.


Negli ultimi 20 anni, grazie all'istituzione dell'Area Marina Protetta Parco Sommerso di Gaiola si è avuto il totale abbattimento nell'area di fattori critici quali gli ancoraggi e la pesca a strascico a cui si sono aggiunti alcuni interventi effettuati sulla rete fognaria cittadina, come la realizzazione dell'impianto di sollevamento e trattamento primario delle acque reflue di Coroglio, che, se pur non pienamente risolutivi, hanno radicalmente cambiato le condizioni di limpidezza delle acque lungo la costa.


Confortati da questi dati già dal 2015, il CSI Gaiola onlus (attuale Ente gestore del Parco) nell'ambito del Progetto MedPAN finalizzato a mappare le comunità biologiche caratterizzanti l'intero settore costiero in cui è inserita l'Area Marina Protetta, da Capo Posillipo all'Isola di Nisida, ha iniziato ad acquisire dati sistematici specifici sulle aree caratterizzate da porzioni residuali di prateria di Posidonia e da matte morta, andando a selezionare le zone potenzialmente idonee ad ospitare nuove piantine.


Un progetto ambizioso e visionario partito da lontano dopo tanti anni di studi e che in questi giorni vede concretizzarsi una fase importante. Lunedì scorso infatti è iniziata l'attività sperimentale di restoration habitat sui fondali dell'AMP Parco Sommerso di Gaiola avente la doppia finalità di restaurare l'antica prateria di Posidonia oceanica presente sui fondali del Parco e mitigare l'impatto meccanico di attività antropiche sulle praterie limitrofe della costa flegrea. Il Progetto infatti prevede di andare a ripiantare sui fondali dell'AMP di Gaiola talee di Posidonia oceanica già sradicate dall'azione aratrice degli ancoraggi o delle reti a strascico lungo la costa flegrea, e quindi destinate a morire. Partner del progetto è anche l'AMP Regno di Nettuno dove sono stati raccolti i rizomi di Posidonia da ripiantare al Parco Sommerso di Gaiola. Oltre all'importanza scientifica ed ecologica, il progetto vede quindi anche realizzarsi una concreta collaborazione e sinergia tra aree marine protette del Golfo, sempre più necessaria ed indispensabile per salvare l'immenso patrimonio biologico e culturale del nostro mare.


Accanto ai ricercatori del Parco Sommerso di Gaiola in questo lungimirante progetto di ricerca vi sono gli operatori scientifici subacquei dell'ISSD (International School for Scientific Diving), coordinati dal Dott. Stefano Acunto con una solida esperienza in questa tipologia di attività subacquee già svolte in diversi mari italiani come l'Isola d'Elba e la Sardegna. Supporto logistico assicurato dal Centro sub Campi Flegrei.



In questa prima fase il progetto prevede la riforestazione di circa 200 m2 di fondali utilizzando tecniche diverse al fine di poter acquisire dati scientifici sulla migliore efficienza delle tecniche utilizzate. Le aree di reimpianto sono state precedentemente mappate e selezionate scegliendo porzioni di fondale caratterizzate da affioramenti di matte morte, tracce evidenti della presenza di praterie sommerse in passato, e substrato ideale per l'attecchimento di nuove plantule. Successivamente alla mappatura delle aree utilizzabili sono stati posizionati nei mesi precedenti dei sensori misuratori di PAR (photosynthetic active radiation) al fine di verificare se la quantità di luce che raggiunge i fondali nelle zone selezionate è sufficiente ai processi fotosintetici di queste piante marine. Sono stati quindi scelti campi di riforestazione a 5, 10 e 15 metri di profondità ad est e ad ovest, utilizzando due differenti tecniche. La prima tecnica, messa a punto proprio dal gruppo di ricerca dell'ISSD, consiste nella posa di biostuoie di 2x5m con fibra di cocco per agevolare l'ancoraggio delle talee sul fondo nel tempo necessario affinché sviluppino l'apparato radicale senza essere scalzate dalle correnti di fondo. La seconda tecnica più certosina, consiste nel riposizionare ogni singola piantina nella matte assicurandole con i normali picchetti che si usano in agricoltura.


Entrambe le tecniche sono già state usate in altre zone del Mediterraneo con risultati diversi a seconda delle specifiche condizioni dell'area di reimpianto. Ecco perchè è così importante sperimentare la tecnica migliore sul campo, come sottolinea lo stesso Direttore del Parco Sommerso di Gaiola, Maurizio Simeone, ecologo marino che da anni studia i fondali di Posillipo: "si tratta per adesso di un progetto sperimentale volto a verificare su piccole porzioni di fondale, diversificate anche per esposizione e profondità, la tecnica di reimpianto più efficacie in modo da poter avere dei dati scientifici reali e significativi per valutarne la riuscita e la fattibilità a più larga scala. Questo è un passo importantissimo di un sogno iniziato molti anni fa, inutile sottolineare cosa significherebbe in futuro poter rivedere praterie di Posidonia oceanica crescere sui fondali di Posillipo, ma non bisogna lasciarsi andare a prematuri entusiasmi, è necessario continuare ad avere un serio approccio scientifico come fatto fino ad ora".



E' giusto andarci cauti come precisa il Direttore ma è importante anche evidenziare cosa rappresenterebbe un giorno il ritorno della Posidonia oceanica sulle coste cittadine, sia come elemento di straordinaria vivificazione dell'ecosistema marino, sia come ripopolamento ittico e quindi anche vivificazione della piccola pesca artigianale costiera cittadina. Da sempre infatti la pesca rappresenta una costola fondamentale della vita delle comunità costiere a patto che questa sia sostenibile e non distruttiva della vita marina. Non a caso infatti il progetto che sta portando avanti il Parco sommerso di Gaiola è svolto nell'ambito della Misura 1.40 FEAMP 2023 - "Protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini e dei regimi di compensazione nell’ambito di attività di pesca sostenibili”. La pesca rappresenta uno dei mestieri più antichi del mondo e i vecchi pescatori di una volta sapevano bene che dalla salute del mare dipendeva la loro vita. Il messaggio quindi è chiaro, per salvare il Mediterraneo, la pesca, e tutte le altre attività che si ripercuotono sul nostro mare, devono essere sostenibili, ed oggi bisogna riparare ai disastri fatti in un cieco passato.

In questo solco parallelamente al progetto di habitat restoration su Posidonia oceanica il Parco Sommerso di Gaiola sta anche svolgendo in collaborazione con il CONISMA (Consorzio Nazionale Interuniversitario delle Scienze del Mare) e l'Università degli Studi di Napoli Parthenope, un progetto di ricerca proprio sulla piccola pesca costiera cittadina. Verranno infatti raccolti dati sul pescato in collaborazione anche con le Cooperative di Pesca locali e verranno svolte attività censimento ittico subacquee sui fondali della ZSC Gaiola Nisida finalizzate ad acquisire dati sulla consistenza dei popolamenti ittici locali ed individuare delle aree di nursery. Già oggi infatti è noto che l'esistenza dell'Area marina protetta della Gaiola sta generando una ripresa degli stock ittici locali che dal Parco vanno poi a ripopolare le aree limitrofe (effetto spill over) con risvolti vantaggiosi anche per l'economia della piccola pesca costiera. Poter acquisire dati più dettagliati e quantitativi su tali fenomeni consentirà anche di sviluppare al meglio piani di gestione della risorsa ittica con vantaggi sia per l'ambiente che per chi da generazioni vive di mare e di pesca.




Se già oggi il Parco è diventato una meravigliosa sorgente di vita marina, gli effetti positivi a lungo termine di una eventuale riuscita del progetto di riforestazione in corso sono inimmaginabili.

"Il primo emozionante segnale della preziosità di questa pianta marina è stato vedere nuvole di giovani pesci (avannotti) che, appena posizionate le plantule sul fondale, sono accorsi per rifugiarsi all’interno delle lunghe foglie nastriformi, per avere un adeguato e confortante riparo dai predatori! Infatti le praterie di Posidonia rappresentano una casa sicura per i piccoli e indifesi abitanti del mare che usano questo habitat come un vero proprio bosco in cui nascondersi", ha dichiarato il biologo marino e famoso fotografo subacqueo Guido Villani che ha seguito e documentato con la sua macchina fotografica tutte le operazioni.


Non c'è che quindi che da incrociare le dita e fare il tifo per la nostra piccola Area Marina Protetta cittadina, sempre più esempio virtuoso di buona gestione, cura e salvaguardia del nostro mare.




IL VIDEO DOCUMENTARIO DEL PROGETTO POSIDONIA

NEL PARCO SOMMERSO DI GAIOLA



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